giovedì 20 maggio 2010

INDECISIONI

Nella tarda mattinata, sotto un cielo incerto, che aveva già regalato pioggia ma era ancora indeciso sul da farsi Elena era seduta sulla sua solita panchina verde. Aveva già bevuto il suo caffè, era stata a lungo indecisa se fumarci dietro la sua sigaretta e sfogliava con poca convinzione il suo quotidiano gratuito. Un' accozzaglia di notizie Ansa malamente miscelate. Lo sapeva ma era gratis e si era fatta persuasa che gettare un brutto giornale non avendolo pagato, era meno immorale che gettarne uno che gli era costato soldi ed arrabbiature. Non perché fosse pieno di brutte notizie! La realtà non l'aveva mai spaventata. L'idiozia e la palese menzogna, sì. Ancora oggi a quasi 68 anni inorridiva al pensiero che nessuno più si indignasse per l'andazzo politico, culturale, sociale del suo paese. La tristezza l'assaliva profondamente quando percepiva il reale totale distacco da qualsiasi tipo di impegno dei ragazzi che incontrava al parco.
Lei faceva finta di leggere e di guardare altrove. Loro erano lì, belli forti eppure DISINCANTATI, anzi la magia dell'incanto non li aveva mai sfiorati. Sentiva dai loro discorsi che nemmeno per un attimo avevano creduto che qualcosa potesse cambiare. Non facevano parte, come lei, di quelli che si erano illusi, avevano lottato per una società migliore. Loro non erano caduti nel tranello della favola sociale. E a dire il vero, pensava profondamente che avessero fatto bene. "Un'amarezza di meno da collezionare!" Disse a voce alta.
Le capitava sempre più spesso di commentare se stessa a voce alta sia per rimproverarsi che per approvarsi. No, non stava diventando pazza, era solo il rigurgito della sua logorrea repressa. Era sempre stata così, era solo peggiorata un pochino.
Il cielo stava decidendo per una sottile pioggia e lei si avviò verso la metro. Doveva riattraversare tutto il parco e mentre lo faceva lo immaginava pieno di fiori e curato nei suoi dettagli, pulito dalle cartacce sparse ovunque, con le fontane disseminate in giro piene di acqua e di papere.
Strana fissazione la sua. Non riusciva a guardare un pezzettino di verde senza vederne il degrado. Controllava spesso con lo sguardo anche i balconi sui palazzi e si diceva che quelli senza fiori erano sicuramente disabitati. Anche quello era un dolore antico. Era sempre fuggita dal brutto, non riusciva a pensarlo e nemmeno a digerirlo. I pochi viaggi fatti negli anni passati le restituivano: fiori, scoiattoli, profumi, fontane zampillanti e dimore ormai dismesse ma ancora sognanti. Gatti sdraiati al sole e artisti di strada che le avevano regalato un sorriso per l'obolo lasciato. Nonostante tutto aveva amato la vita al di sopra di ogni altra cosa. Ora era diverso. I figli lontani, troppo, la tecnologia ogni tanto le restituiva il suono delle loro voci. Sapeva che stavano bene, avevano trovato la loro strada. Li aveva spinti mille volte ad andarsene, a farne uomini liberi dai legami di sangue. Ancora oggi pensava che avesse fatto bene. Lo chiamava il suo "dolore necessario". L'uomo di tutta una vita era ancora lì accanto a lei, eppure lei dentro spesso era sola. Lo era sempre stata nei momenti gravi della sua esistenza. Era lei stessa che voleva così. Sapeva per esperienza che si condivide veramente solo quello che si è sperimentato personalmente. Il resto è truffa sentimentale! E' coinvolgimento dell'epidermide e non scende mai veramente in profondità. E allora? Si diceva a voce alta: "meglio non fare uno sforzo inutile e nemmeno pretenderlo".
Il tabaccaio la guardò perplesso, mentre le dava il resto.
"Una, solo una". Anni che faceva quel gioco con se stessa. Si scherniva dicendosi che non era perfetta, che non era forte (come tutti credevano) e che forse non avrebbe mai scelto definitivamente.
Mentre finiva la sua sigaretta, si guardava intorno, alla ricerca di un posto dove spegnerla e sapeva che come al solito sarebbe stata costretta a gettarla in terra.
Scese i primi gradini delle scale della metro e alzando gli occhi vide che il cielo, ci aveva ripensato. Non pioveva più!
Sorrise, si voltò e torno indietro e a voce alta risalendo i gradini esclamò: "allora non sono l'unica ad essere indecisa".